Castello Ursino

Il castello Ursino risalente al XIII secolo viene attribuito a Federico II di Svevia, nonostante non vi siano evidenze scientifiche che possano confermarlo, identificandolo con il Castrum menzionato nella lettera antecedente al 1239 dal sovrano al suo architetto Riccardo da Lentini. Le tracce di occupazione più antiche rinvenute sul sito dove sorge risalgono ai tempi dell’antica polis greca di Katane. Probabilmente faceva parte di un complesso sistema difensivo esteso sulla costa che comprendeva fra gli altri anche il castello di Maniace di Siracusa e quello di Augusta, assimilabili allo stesso progetto. Oltre alla funzione difensiva doveva simboleggiare il potere dell’imperatore in una città spesso a lui ostile. Il nome si presuppone derivi da “Castrum Sinus” cioè castello del golfo.

Ebbe un ruolo di rilievo durante il periodo dei “Vespri Siciliani”, nel 1295 il parlamento siciliano si riunì al suo interno deponendo Giacomo II ed eleggendo Federico III come re di Sicilia. Fu riconquistato da Roberto d’ Angiò e poi nuovamente espugnato dagli Aragonesi con Federico che ne fece la sua corte così come i suoi successori Pietro, Ludovico, Federico IV e Maria fino al 1415. Fu proprio all’ interno del maniero che nel 1434 Alfonso il magnanimo fondò l’ università di Catania, la più antica in Sicilia e fra le più frequentate in Italia.

Nel XVI secolo venne inglobato nelle mura volute da Carlo V per proteggere la città dalla minaccia dei Turchi con la costruzione del bastione di San Giorgio. L’ introduzione della polvere da sparo in ambito militare indebolì il ruolo del castello che divenne dimora dei viceré e in parte adibito a prigione fino alla colata del 1669 che arrivò a lambire le mura del castello, cancellando ogni traccia del bastione di san Giorgio, riempiendo il fossato e arrivando a spostare la linea di costa di alcune centinaia di metri. Anche il terremoto che interessò la zona nel 1693 indebolì ulteriormente la struttura decretandone la fine del ruolo militare del castello.

I primi restauri risalgono al XVIII secolo, ospito le guarnigioni militari piemontesi e poi borboniche, rimanendo prigione fino al 1838, fu proprio l’opera di restauro borbonica a modificare significativamente la struttura originale. Nel 1932 venne acquisito dal comune di Catania che avviò dei lunghi lavori di restauro conclusi solo nel 2009 per trasformarlo in museo civico, ruolo che tutt’oggi ricopre.

Strutturalmente presenta una pianta quadra di circa 50 metri per lato con torrioni circolari ad ogni angolo larghi 10 metri e alti circa 30 erano presenti delle torri mediane ormai scomparse e probabilmente un ponte levatoio oltre a delle mura difensive di cui è possibile osservare qualche traccia riportata alla luce degli ultimi scavi. Gli interni vennero largamente modificati per adibirlo a prigione, vennero erette mura e solai per separare gli ampi spazi delle sale interne creando i cosiddetti “dammusi” ambienti più contenuti adatti alla reclusione, è possibile vedere ancora numerose tracce di questa fase con i graffiti realizzati dai carcerati nelle mura e negli stipiti delle porte e finestre.

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