Se un pomeriggio d’autunno vi ritrovaste dopo la pioggia a Catania, non esitate. Non vi chiudete in camera, ma fermatevi. Fermatevi a guardare. L’asfalto bagnato, grigio e umido come una tela appena dipinta, in cui si rispecchia il cielo chiaro, che sa di mare e di vite che si intrecciano. Fermatevi a specchiarvi in una pozzanghera, per immergervi, ancora bambini, nella vivida, malinconica linfa di questa Città che sembra riemersa, gocciolante, dal profondo blu dell’oceano.
E vedrete persiane abbassate a metà. Rosse, verdi, mute custodi delle quotidianità e dei misteri, delle velleità e degli amori di mille e ancora mille sconosciuti, che – sangue che scorre nelle vene affollate di Catania – attendono la sera, dopo la pioggia, per scaldarsi e nutrirsi, e riposarsi, sotto tetti diversi, sotto lo stesso cielo. E non sarete mai soli con le anziane mamme sempre affacciate ad osservare il mondo con quegli occhi stanchi. Sono i figli di Catania, in quei palazzi, sentinelle silenziose, colonne affaticate dal peso di una bellezza antica e tormentata. Pietre dal vulcano, scogli nel mare.
Sentirete mille odori, dalle botteghe, dalle bancarelle. La terra bagnata, profumo d’infanzia, ed i suoi frutti. Il mare scosso, sapore vissuto, ed i suoi pesci. Ascolterete vecchi canti d’amori sepolti, e le urla dei mercanti scuri in volto, custodi di tradizioni ormai perdute, ma ritrovate dopo la pioggia a Catania. E nel grigio osserverete intrecciarsi mille colori. Come un arcobaleno che dal cielo si riversi in ogni vicolo, in ogni angolo. Come un pianto di gioia soffocato in gola.
Vedrete, lontano, protetto dalle nuvole, il Vulcano. L’Etna, ancestrale diamante incastonato nel diadema che incorona Catania. E lassù la pioggia si trasforma in un velo di candida seta, che silenzioso copre la Montagna. Vedrete il mare, incresparsi e gonfiarsi, impallidire per scontrarsi con le coste. Barche che danzano sui flutti irrequieti. Schiaffi e carezze che esplodono come bianchi coriandoli soffiati via dalla brezza marina. E l’orizzonte ruggisce ancora, dopo la pioggia a Catania.
Poi, al tramonto, nuove tinte su nel cielo, che inizierà a liberarsi. Il rosso delle sue labbra e l’azzurro dei suoi occhi. Ed il sole, prima di ritirarsi al di là dell’orizzonte, illuminerà i campanili, e le chiese, e le strade che – dopo qualche ora – si riempiranno ancora di voci, di vita. Di storie mai raccontate e magari, al calare della sera, la Luna lassù, triste, guarderà Catania con voi. E con i lampioni, i semafori, le vecchie insegne fulminate, si specchierà sul selciato non ancora asciutto.
Questa città, in cui si mischiano razze e culture in una continua danza, in un continuo turbinio di risa e pianti. Questa città, dove l’amore è un sogno che non ricordi. Questa città, dopo la pioggia, si acquieta. Si sdraia pallida, Catania, s’adagia. Come la bestemmia stretta tra i denti di un profeta (o di un santo).
Se un pomeriggio d’autunno vi ritrovaste dopo la pioggia a Catania, non esitate. Fermatevi. Osservatela, ascoltatela, odoratela. Vivetela.
E quando poi riprendete il vostro cammino – ve lo dico – non sarete più gli stessi. Perché dopo la pioggia a Catania, nella vostra anima rimarrà indelebile un segno, assopito.